Terapia dell'artrite reumatoide: DMARD


Le nuove acquisizioni patogenetiche sull’artrite reumatoide hanno consentito di sviluppare strategie terapeutiche più efficaci, legate all’introduzione di farmaci innovativi, a un cambiamento delle modalità di approccio alla malattia di lunga durata e alla consapevolezza che la terapia ottimale prevede un intervento di tipo multidisciplinare, che dovrebbe coinvolgere, oltre al reumatologo, anche il fisiatra, il terapista occupazionale, il chirurgo ortopedico, lo psicologo.

Gli obiettivi principali del trattamento sono tesi a ridurre l’attività di malattia e a modificarne il decorso naturale: tuttavia, per molti anni tali aspetti sono stati sottovalutati e, seguendo i dettami della teoria della piramide terapeutica, si è privilegiato un atteggiamento conservativo basato sull’impiego dei farmaci antinfiammatori non-steroidei ( FANS ) insieme a un programma di esercizi di economia articolare e di riposo ai quali, in caso di scarsa efficacia, si associava la terapia steroidea.
Tale schema veniva proseguito anche per anni, fino a quando non erano chiaramente evidenti le erosioni articolari, e solo allora si riteneva legittimo introdurre i cosiddetti disease modifying anti-rheumatic drugs ( DMARD ), farmaci capaci di modificare in parte l’evoluzione dell’artrite reumatoide.

Questo atteggiamento ha condotto a un elevato grado di disabilità tra i pazienti, supportato dall’evidenza che durante i primi 2 anni di malattia, tempo che normalmente intercorreva per progredire nell’ascesa della piramide, la sinovite evolveva in modo critico, realizzandosi gran parte del danno articolare.
Si è giunti così a un cambiamento radicale che ha portato a utilizzare i DMARD il più precocemente possibile, a usarli in combinazione, e alla convinzione che, allo scopo di raggiungere risultati ottimali, fossero necessari controlli periodici per poter modificare tempestivamente la terapia in caso di risultati insoddisfacenti.

Allo stato attuale, i DMARD più usati sono Metotrexato, Sulfasalazina, Ciclosporina, Leflunomide e Idrossiclorochina.
Tra di essi il Metotrexato è il farmaco di riferimento, per la capacità di controllare i sintomi e rallentare la progressione del danno strutturale, oltre che per il buon profilo di tollerabilità.

I DMARD possono essere utilizzati in monoterapia, assecondando uno schema caratterizzato da un uso sequenziale dei diversi trattamenti e realizzato con la pronta sostituzione di un farmaco in caso di scarsa efficacia sulla progressione della malattia.
Un’altra possibilità è quella di utilizzarli in combinazione, con il vantaggio di ridurre la dose del singolo farmaco e sfruttare le sinergie appartenenti a farmaci con meccanismi d’azione differenti.

In tale ambito sono stati proposti l’approccio step-down, che prevede l’uso contemporaneo di più DMARD per ottenere la remissione clinica con successiva interruzione sequenziale dei vari farmaci fino al mantenimento del meno tossico a più lungo termine, e quello step-up, in cui invece si aggiungono altri DMARD al farmaco iniziale che ancora non abbia prodotto i risultati attesi.

In genere il Metotrexato rientra in tutti gli schemi di combinazioni proposte; quelle più efficaci e tollerate sono risultate le associazioni Metotrexato / Sulfasalazina / Idrossiclorochina e Metotrexato / Ciclosporina.

Nonostante la loro utilità, i DMARD tradizionali non sempre soddisfano i requisiti essenziali per un effettivo controllo della malattia.
Inoltre, sono propri dei DMARD la lenta comparsa della risposta terapeutica, che non sempre viene mantenuta nel tempo, il limitato effetto sulla progressione del danno radiologico e l’impossibilità, se non in rari casi, di indurre la remissione clinica.
Quest’ultima è considerata oggi l’obiettivo ideale del trattamento dell'artrite reumatoide e ha pertanto un peso specifico rilevante nella valutazione della risposta terapeutica.

Di grande attualità rimane l’impiego dei glucocorticoidi per la capacità di fornire, anche a basse dosi, rapido sollievo dai segni e sintomi dell’infiammazione, proprietà che ne giustifica l’ampio utilizzo nella pratica clinica in aggiunta ai DMARD.

I glucocorticoidi andrebbero comunque impiegati per il periodo più breve possibile e alla dose minima efficace, tenendo conto delle comorbilità ( diabete mellito, ipertensione arteriosa, osteoporosi ) e dei possibili eventi avversi. ( Xagena_2011 )

Fonte: Università di Roma, 2011

Xagena_Medicina_2011